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Tutti gli album dei Genesis dal peggiore al migliore

Dalle adolescenziali amicizie fra ragazzi di un prestigioso college del Surrey nasce una band capace negli anni settanta di farsi spazio, sgomitando, nell’affollato panorama del rock progressivo britannico, scansando uno ad uno King Crimson, Yes, Gentle Giant ed Emerson, Lake e Palmer. La loro gloria è il frutto dell’evoluzione in pochi anni dalle bibliche composizioni pastorali alle estrose esibizioni in costume di Gabriel. Quando tutto sembra ormai perduto sarà invece il talento e il carisma dell’innesto d’oro Phil Collins a traghettare – al sacrificio di qualche nota prog – la band negli anni Ottanta, Novanta e Duemila, decenni musicalmente molto lontani dal DNA originario della band. Fra le critiche dei puristi e il giubilo invece di un pubblico internazionale mai così numeroso i Genesis hanno conosciuto una longevità ed una capacità di adattamento sconosciuti ai più. Un gruppo forse mai veramente alla moda ma che disponeva di un talento smisurato, come dimostrano non solo live ed album della band ma anche il grande consenso che ognuno dei suoi musicisti ha raccolto nella propria carriera solista. Una fede, quella per la band inglese, fatta non per essere sbandierata ai quattro venti ma gustata davanti a un buon giradischi.

15. Calling all Stations

Ultimo album in ordine di tempo e malinconicamente all’ultimo posto della classifica. All’assenza di lungo corso di Gabriel si aggiunge anche quella di Collins, rappresentato ormai più dai suoi lavori solisti che da quelli degli ex fab 4. Il suo posto è preso per l’occasione da Ray Wilson. C’è poco oltre al singolo Congo che da la sensazione di essere un’Africa fuori tempo massimo.

14. We Can’t Dance

I Genesis sono ormai un progetto musicale con il quale riempire i vuoti delle carriere soliste di Collins, Banks e Rutherford. L’album è un pot-pourrì di pop (No Son of Mine, Jesus He Knows Me, I Can’t Dance) e prog (Driving the Last Spike, Dreaming While You Sleep, Fading Lights) mentre l’acme emotivo è raggiunto con il brano Since I Lost You, che Collins dedica al figlio dell’amico Eric Clapton, tragicamente scomparso.

13. Genesis

Anche conosciuto come Mama Album il sobrio (nel titolo e nella copertina) lavoro di Collins e soci è tutto incentrato sulla sua overture di 6:52. L’ossessione di un ragazzo per una prostituta che egli si ostina a chiamare mama è magistralmente introdotto da un iniziale grove di drum machine seguito, dopo venticinque secondi, dall’irrompere del sintetizzatore e solo dopo più di un minuto anche dalle parole di Phil Collins. Tutti però riconoscono questo brano per la sinistra risata di Collins, per sua stessa ammissione ispirata al brano hip-hop The Message del 1982.

12. Abacab

È l’album che conclude la svolta ad U pop friendly iniziata con And Then There Were Three… e proseguita con Duke necessaria, a detta del gruppo, per sopravvivere ad un clima musicale e commerciale profondamente mutato. Il prog rock incontra le sonorità new wave, punk ed elettroniche, certamente più in linea con il gusto e la critica dei patinati anni Ottanta. La strana dizione Abacab è il casuale frutto dell’etichettamento delle diverse sezioni delle canzoni con lettere dell’alfabeto. Le stringhe ordinate espressero infine la successione alfabetica ABACAB.

11. Invisible Touch

Dato che è di pop che in questa fase stiamo parlando l’album si dimostra – da questo punto di vista – un successo. I tre membri della band, di rientro dai loro rispettivi sforzi solisti e senza nessun materiale a disposizione sul quale lavorare, danno libero sfogo alla loro fantasia. Il risultato sono le radiofoniche In Too Deep, Tonight, Tonight, Tonight, Land of Confusion e soprattutto Invisible Touch, mentre la sola traccia Domino porta avanti lo stendardo del progressive. L’album diventa subito un best-seller internazionale.

10. From Genesis to Rivelation

Dal rigido e prestigioso collegio di Charterhouse la chitarra di Mike, il piano di Tony e l’inconfondibile voce di Peter si presentano al mondo con un album che, come il nome del loro gruppo (che si contendono con un gruppo folk psichedelico californiano), si ispira alla Bibbia. Anche Anthony Phillips e Chris Stewart partecipano alla rivelazione che però parla di religione solo in tre brani su tredici. L’album venderà solo 649 copie, passando totalmente inosservato. Sarà però solo la Genesi del loro strabiliante percorso evolutivo.

9. And Then There Where Three…

Come afferma il laconico titolo i Genesis sono rimasti in tre. All’ormai interiorizzato addio di Gariel si aggiunge anche quello del talentuoso chitarrista Steve Hackett, dopo sei anni di fruttuosa militanza. Come per la questione frontman la risposta alle difficoltà viene ancora una volta dall’interno, con la responsabilità di non far rimpiangere Hackett affidata a Rutherford. Sarà proprio da un riff di chitarra di quest’ultimo che nascerà Follow You Follow Me, ancora oggi uno dei momenti musicali più noti della band.

8. Wind & Wuthering

Cime Tempestose (Wuthering Heigts) di Emily Bronte riecheggia nel titolo e nelle melodie dell’album: la frase conclusiva del suo romanzo «Unquiet slumbers for the sleepers in that quiet earth» darà infatti il titolo a due brani strumentali. Rutherford e Banks firmano rispettivamente Your Own Special Way e Afterglow, la voce di Collins e le sinfonie autunnali (come la copertina) di Hackett fanno il resto. Sarà però proprio lo spazio ridotto concesso alle sue composizioni a costituire una delle ragioni dell’uscita del chitarrista dal gruppo.

7. Duke

È l’album dalle sfumature pop che ha percorso più strada nella nostra classifica. Collins è all’apice della sua ispirazione artistica (il suo primo album Face Value uscirà di lì a breve) ed i tre Genesis riescono ad amalgamare pop rock e prog in un’armonia che non sapranno più eguagliare. Il manifesto programmatico di questo riuscito incontro è la modernissima suite che da Behind the Lines, passando per Duchess, ci conduce fino a Guide Vocal. L’album si rivela un organico mix di sperimentazione musicale e singoli di successo, il perfetto figlio dei suoi tempi.

6. Trespass

È l’album dell’affermazione, grazie alla decisa svolta prog e al cambio di etichetta discografica (Charisma, che li accompagnerà fino al 1981). Il lavoro profondamente ispirato per stessa ammissione del gruppo alle sonorità del disco In the Court of King Crimson dell’anno precedente è conosciuto per il brano Looking for Someone ma soprattutto per The Knife, il primo vero classico dei Genesis. Un insolitamente aggressivo brano di nove minuti per una band fin lì impegnata in acustici intrecci pastorali.

5. Nursery Cryme

È il primo album inciso dalla formazione storica: Banks, Gabriel, Hackett, Rutherford e Collins, quest’ultimo provinato l’anno precedente e inserito in formazione per la sua naturale versatilità musicale e non ultimo il suo carattere diretto e gioviale capace di stemperare l’atmosfera spesso tesa all’interno del gruppo. Le filastrocche per bambini (nursery rhymes) diventano crime già nel primo e più noto brano dell’album. The Musical Box narra infatti di un bimbo “decapitato con grazia” da una coetanea mentre i due giocano a croquet. Oltre dieci minuti di bizzarri accordi ed arpeggi che confluiscono in una grandiosa melodia rock.

4. A Trick of The Tail

Gabriel non c’è più ma i Genesis non falliscono l’obiettivo. Il trauma del distacco è grande tanto che Collins propone la realizzazione di un album strumentale. Bocciata dal gruppo, Collins – che già aveva cantato come solista in due brani del gruppo – si occupa allora di incidere le voci guida per i cantanti da provinare ma, poiché nessuno sembra soddisfare le alte esigenze della band, è lo stesso batterista a chiedere – fra lo stupore generale – di provare a ricoprire il ruolo di cantante. Brani come Squonk e Mad Man Moon dimostreranno che aveva ragione lui. I Genesis sono pronti ad aprire una nuova era con un album che aggiunge un sapore fusion alle loro melodie armoniose.

3. Foxtrot

È l’album che fa nascere il mito di Peter Gabriel dopo una celebre esibizione al Rainbow Theater di Londra che segnerà il debutto di una serie di leggendari travestimenti ispirati ai testi dei brani. Un copricapo con ali di pipistrello per Watcher of the Skies, una maschera da fiore e una con forme geometriche nella biblica suite da oltre venti minuti Supper’s Ready. Quasi in contemporanea con un’altra leggenda della musica inglese, David Bowie, Gabriel sfodera delle performance artistiche che sarebbero capaci ancora oggi di scuotere l’immaginario del pubblico, come ha dimostrato la scandalosa esibizione di Achille Lauro a Sanremo quasi cinquant’anni dopo.

2. The Lamb Lies Down on Broadway

L’ultimo sforzo dell’istrionico Gabriel prima del traumatico abbandono del gruppo è un grandioso concept album dove tra nebbie, vapori, agnelli e visioni oniriche va in scena il viaggio fisico e metafisico di Rael (per certi versi un alter ego dell’artista) per le strade della Grande Mela. La teatralità ed i travestimenti di Gabriel hanno raggiunto ormai l’apice della notorietà, ponendo le basi per la dolorosa dipartita dell’uomo che stava adombrando i Genesis. Per molti sarebbe stato impossibile replicare il risultato di questo straordinario album, i Genesis avevano raggiunto il massimo di quello che potevano fare insieme.

1. Selling England by the Pound

L’eccentricità di Nursery Cryme e l’intenso-pessimistico rock di Foxtrot si fondono in uno dei migliori album prog di tutti i tempi. Tra mito, politica e cronaca Peter Gabriel nei panni – con tanto di elmo a spazzola, scudo e corazza – di Britannia denuncia la svendita morale del Paese di Albione. Nel brano d’esordio (Dancing with the Moonlit Knight) si canta, come nel titolo, di un’Inghilterra “venduta un tanto al chilo/Selling England by the Pound”, poi un uomo-tosaerba canta “I know what I like, and I like what I know” mentre il pianoforte di Banks introduce la metafora fluviale Firth of Fifth, brano che diverrà leggendario anche per uno dei migliori assoli di chitarra degli anni Settanta, firmato Hackett. E siamo solo nel lato A dell’album…