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Massimo Pericolo è ancora quello diverso

Dentro “Le cose cambiano” di Massimo Pericolo non ci sono formule facili o mosse paracule. C’è solo tutto il Massimo Pericolo del passato, ma con una piccola aggiunta frutto della maturità acquisita

Da qualche anno sto studiando con una certa continuità i rudimenti della finanza personale e, soprattutto all’inizio, è usuale trovarsi di fronte una montagna di parole incomprensibili. Ricordo però benissimo la prima volta in cui mi imbattei nella dicitura “cigno nero”, ossia un evento impossibile da prevedere che scombina i piani finanziari a livello globale. Quando poi te lo trovi davanti – un cigno nero a tue spese (Covid 19), non ti scorderai mai più di cosa significhi. Le cose cambiano non è un cigno nero all’interno della discografia del suo autore, è invece piuttosto l’autore un cigno nero che sguazza nello stagno coi cigni bianchissimi della discografia italiana, solo che – a differenza del mondo finanziario – Massimo Pericolo è un evento isolato che irrompe nel mercato e fa bene al cuore di ogni ascoltatore consapevole. Ce lo dice subito in apertura del disco, a dire il vero, in una dichiarazione d’intenti che sbatte in faccia alla scena rap italiana la cruda verità: “Massimo Pericolo non è come vorresti/Massimo Pericolo non è based in Milan/Massimo Pericolo non è come gli altri artisti/Massimo Pericolo non è come voi”. Una sorta di compendio che ci mette in mano ancora una volta le istruzioni per l’uso.

Potrebbe sembrare l’ennesimo gesto autoreferenziale di un artista (io stesso l’ho pensato) ma Massimo Pericolo dà fin da subito seguito alle sue parole e, proseguendo nell’ascolto, ci mostra una visione alternativa della realtà costituita e ci risveglia da un sogno dogmatico ed anestetizzante frutto di anni di hit gonfie di stilemi fast food e poco più. C’è sostanza in questo disco, in primis perché non rincorre mode – anzi a tratti si veste di un sound che erroneamente potrebbe risultare anacronistico – e poi ci sono tante storie che ci consegnano una volta ancora qualche tessera del puzzle interiore dell’artista. Mi piacerebbe essere come Massimo Pericolo, e iniziarvi a raccontare track by track, barra per barra, parola per parola uno dei dischi più sorprendenti di questo 2023, ma la verità è che non sono un cigno nero (ma ci sto lavorando) e che ci sarebbe da investire qualche ora per leggere tutto ciò che avrei da dire, tanto vale riversare il vostro tempo sull’ascolto del disco – unico patto tra me e voi: che lo ascoltiate integralmente. Perché non è questo il disco delle hit. Non è uno di quelli per i quali in discografica potrebbero scegliere il singolo mettendo dei foglietti con su scritti i titoli in una palla di vetro per pesci rossi e poi sorteggiare la fortunata vincitrice. Le cose cambiano è invece uno di quei dischi che ti portano in un mondo nuovo: fatto di provincia, di realtà, dove non ci sono i colori vividi di LaChapelle ma una marea di immagini mosse, fatte con un vecchio iPhone 4.

Non sto dicendo che a questo disco manchi la forma, ma che la poesia risiede proprio nella sua forma anti convenzionale e sporca. Risiede poi nei testi – “ovviamente”, verrebbe da dire, ma non è così scontato in Italia da talmente tanti anni, che vale la pena dirlo con cognizione di causa, una volta tanto. È un disco di confessioni (vi prego: ascoltate lo skit) in cui c’è tutto il Massimo Pericolo del passato, ma con una piccola aggiunta, frutto evidentemente della maturità acquisita. È un disco politico scritto da uno che prende continuamente le distanze dalla politica (“Non parlarmi dello Stato che è una Mafia, ma al contrario nello stato in cui son nato”). È un disco contro l’idolatria e contro gli stereotipi. Contro il politically correct e la retorica femminista. Contro i soldi quando diventano una gabbia dorata e infine contro ogni forma di pregiudizio. Non ci sono formule facili, o mosse paracule, non c’è niente di smaccatamente catchy ascrivibile ad una buona strategia studiata ai tavoli di una major. C’è tutto il necessario in questa piccola perla del rap italiano, ma nulla di accessorio, di superfluo. C’è tutto, e niente di più. Oggi celebriamo Le cose cambiano sperando cambino veramente.