L’ONO di Bologna presenta The Clash: white riot, black riot (dal 12 giugno al 15 settembre), la mostra che ripercorre la carriera di uno dei gruppi più amati e controversi della storia della musica punk attraverso le immagini di Adrian Boot, fotografo che con loro ha stretto un duraturo sodalizio artistico. L’incontro tra i Clash e Adrian Boot avviene in un freddo pomeriggio londinese del 1977 nello studio della band a Rehearsal Rehearsals, uno squat disseminato da vecchie sedie da barbiere, divani crollati, lattine di birra vuote, immondizia e un jukebox. La situazione non era certo confortevole e il fotografo non riuscì a dare nessun suggerimento di posa, tanto che il servizio durò solo trenta minuti. Nonostante questi inconvenienti, molte altre furono le sezioni fotografiche realizzate con Boot, come ad esempio la Westway Sessions.
Non tanto tempo era passato dal primo concerto dei Clash, tenutosi nel luglio del 1976 al Black Swan di Sheffield, che nel 1977 firmano il contratto con la CBS Records, pubblicando il loro primo singolo, White Riot, e il loro primo album, The Clash, che ottenne un successo considerevole nel Regno Unito. Durante il maggio dello stesso anno prese via il tour che oltre all’Inghilterra e l’Irlanda, toccò anche la Svezia, la Francia e la Germania, ma il vero successo internazionale arrivò con la pubblicazione di London Calling nel dicembre 1979, diventata ormai pietra miliare della musica punk.
È in questi anni, precisamente nel 1978, durante un concerto di Rock Against Racism organizzato dalla Anti-Nazi League, che Joe Strummer inizia a indossare una t-shirt con su scritto Brigate Rosse e con al centro l’emblema e la sigla della Rote Armee Fraktion. La stessa maglia che Strummer avrebbe voluto indossare durante lo storico concerto bolognese, tenutosi il 1 giugno 1980 in Piazza Maggiore a Bologna. Strummer spiegò che il suo intento non era quello di appoggiare fazioni terroristiche di estrema sinistra, ma portare all’attenzione circa lo loro esistenza, come erano soliti fare i Clash, i cui testi delle canzoni erano ricchi di riferimenti politici, ma in un’Italia sconvolta dalle stragi terroristiche il fatto avrebbe creato non poco scompiglio e per questo venne persuaso nell’indossarla.
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