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Tutti i brani di “Nevermind” dei Nirvana dal peggiore al migliore

La formula lessicale di questo titolo risulta spesso provocatoria. Ma quando si parla di dischi perfetti (come Ok Computer, Disintegration e, appunto, Nevermind) il rumore bianco pervade la orecchie ed il sangue pulsa più forte nelle tempie di praticamente chiunque. Doveroso dunque specificare che “dal peggiore al migliore” sottende un “rispetto al sistema si riferimento” ossia il disco stesso (e non la musica postmoderna in toto). Fatte le debite premesse, iniziamo il nostro viaggio attraverso il disco spartiacque del grunge anni Novanta.

13. Lounge Act

Due minuti e trentasei secondi di classic grunge. Una versione patinata (forse troppo?) dei brani contenuti in Bleach. Un giro di basso molto incalzante, una chitarra in pieno stile Nirvana e una batteria secca e violenza, accompagnano Kurt Cobain in una performance bifronte in cui un registro controllato della prima metà del brano fa da contraltare allo screaming graffiato della seconda parte. Se il problema del brano è forse la sua prevedibilità, c’è comunque da evidenziare un esordio (Kurt che mugugna) ed un congedo (suono abbassato progressivamente di pitch) che risultano innovativi e sorprendenti.

12. Breed

Se dovessero spiegare ad un neofita della band cos’è la batteria dei Nirvana, sicuramente questo brano lo racconterebbe meglio di quasi tutti gli altri. A partire dal fill iniziale, marchio di fabbrica di Grohl, è evidente che non ci sarà un attimo di tregua fino alla fine. Un pezzo rumoroso e disturbante, distorto fino alla morte, che raggiunge la sua massima espressione in un pogo pur essendo credibile anche nella versione in studio.

11. On a Plain

Un brano abbastanza prevedibile, senza particolari picchi, che tuttavia riserva (come sempre dentro Nevermind) una piccola sorpresa all’ascoltatore: dopo tre minuti di rock – se vogliamo anche troppo patinato – il brano va scemando in una classica, anche anti estetica, dissolvenza. Se non fosse per la scelta molto particolare di lasciare a volume pieno il coro cantato da Kurt, che dunque progressivamente si trasforma in una esecuzione a capella.

10. Drain You

Da qui in poi entriamo nei capolavori. Drain You è un brano che alterna il grunge delle strofe ad un ritornello che sembra quasi uscito da un disco dei Metallica. La parte realmente alternative del brano, tuttavia, è il momento instrumental, quasi lisergico che a 1:40 non può che stupire l’ascoltatore. Per certi versi anticipa per mood e sonorità il brano di cui parleremo ora.

9. Endless, Nameless

In assoluto il brano più assurdo del disco e dell’intera discografia dei Nirvana. Una ghost track che non compare nella tracklist e che era possibile ascoltare dopo circa dieci minuti di silenzio dalla fine di Something In The Way. Una jam session senza senso, piena di effetto “wow” e cambi di tempo.

8. In Bloom

In molti ricordano di questo brano il suggestivo videoclip in bianco e nero in cui la band, inizialmente composta e assennata nella pseudo esibizione anni Sessanta, finisce per trasformarsi in una maleducata e scorretta rock band; che violenta gli strumenti, si strappa i vestiti di dosso e quasi distrugge lo stage di fronte ai fan in visibilio. Uno specchio della natura della band e nello specifico di Cobain, che nei suoi brani (e In Bloom non fa eccezione) alterna momenti in cui i bpm vanno giù, a situazioni di disagiata iperattività. L’elettrocardiogramma di un tossico dipendente, ecco ciò che disegnano con questo brano i tre Nirvana.

7. Stay Away

Per i più giovani alla lettura, sappiate che il tatuaggio sul volto di Post Malone è un tributo a questo brano, il suo preferito in assoluto. Una versione molto più matura e completa di Breed. In una intervista all’interno del documentario Watch the Sound With Mark Ronson Dave Grohl confessa che nei Nirvana lui non sapeva mai quando le ritmiche più scarne dovevano condurre ai ritornelli aperti e pieni di crash e ride. Lo capiva guardando il piede di Kurt che si avvicinava alla pedaliera per trasformare il suono clean della sua chitarra nelle strofe in ritornelli distorti. Credo che Stay Away sia uno dei brani a cui il frontman dei Foo Fighters si riferisse. In ultima istanza: “Rather be dead than cool” (“Preferirei essere morto piuttosto che figo”) è il manifesto programmatico del movimento grunge di Seattle.

6. Territorial Pissings

Da quel che so, il termine femminismo (pur essendo molto fuorviante) intende valorizzare e tutelare la parità dei sessi. Dunque il passaggio più iconico di Territorial Pissing è più sessista che femminista, ma racconta molto della personalità di Cobain: “Never met a wise man, if so, it’s a woman” (“Non ho mai incontrato un uomo saggio, se accade, è una donna”).

5. Come As You Are

Questa traccia iconica è forse la più rappresentativa del sound dei Nirvana. La chitarra elettrica con il flanger che fa girare quel riff, è pura magia. Unica macchia, se così vogliamo definirla, è la natura di quel noto giro melodico: per chi non la conoscesse infatti, c’è una canzone dei Killing Joke dal titolo Eighties (uscita nel 1985) che è pressoché identica. Pare che lo stesso Cobain, in buona fede, non volesse più pubblicare Come As You Are una volta venuto a conoscenza del riff del gruppo di Jaz Coleman. Alla fine però, fortunatamente, il capolavoro vide la luce e la storia della musica ringrazia.

4. Lithium

Per come vedo la musica e per il valore che dò alle liriche, un brano non dovrebbe mai avere al suo interno uno “yeah”. Lithium nei suoi ha unicamente questa interiezione, eppure non si può far altro che ammirare la grandezza di un pezzo tanto iconico quanto evocativo nelle strofe. “Sono così felice perché oggi ho trovato i miei amici” – cantato nel modo in cui è cantato – è Kurt Cobain all’ennesima potenza. Brano di fondamentale importanza per la band ed essenziale per la comprensione di Nevermind. Un momento cardine nel disco, soprattutto per il posto nella tracklist che gli viene riservato. Semplicemente Yeah!

3. Polly

Capolavoro grunge in veste acustica. La storia da cui è ispirata è quella di una giovane quattordicenne rapita dopo un concerto punk dal pedofilo Gerald Arthur Friend, il quale la violentò e torturò per due giorni, fino alla fuga della giovane. Bizzarro il punto di vista di Kurt, che racconta la storia dagli occhi di Friend, dunque del carnefice. A causa di alcune accuse, i Nirvana si dovettero difendere in tribunale affermando che Polly (originariamente Hitchhiker, poi Cracker) era un brano di protesta e accusa nei confronti di certi atteggiamenti violenti. Punto cardine dell’esibizione agli MTV Unplugged newyorkesi del 1994.

2. Smells Like Teen Spirit

Quando ne parlava, Kurt Cobain diceva di averla scritta cercando di fare un brano dei Pixies. Singolo iconico che ricopre la quinta posizione nella nuova riedizione della classifica delle migliori canzoni della storia della musica secondo la rivista Rolling Stone. Un pezzo rock che, per assurdo, viene sottovalutato da molti proprio per la sua fama spropositata. Questa penetrante inflazione nella cultura popolare, secondo me, non fa invece altro che certificarne la grandezza, soprattutto per le sue caratteristiche: un brano di cinque minuti, con un assolo di chitarra – forse il più bello della band – ed una struttura tutt’altro che scontata, dove i ritornelli anticipano le strofe (e non viceversa). Il frontman dei Nirvana finì per odiare questa hit, tant’è vero che spesso non compare nelle scalette dei concerti. La sua prima esibizione risale ad un mercoledì di metà aprile. Anno 1991, in un locale chiamato Ok Hotel. Mentre gli Alice In Chains si esibivano in uno storico show (che sarebbe finito in un documentario sul grunge), inconsciamente i tre di Aberdeen scrivevano la storia della musica.

1. Something in the Way

Vig, produttore del disco, riteneva inadeguata la versione registrata con la band. Decide allora di catturare la voce di Kurt nella sala di regia. La chitarra è una Stella pagata circa venti dollari, completamente distrutta, senza una corda e tenuta insieme dal nastro adesivo. Accordata (o per meglio dire scordata) in un modo a dir poco personale – tra il Mi e il Mi bemolle – e registrata senza clic, ossia senza un metronomo. Il brano, anche per questo, è unico, cupo, violento, addolorato. La voce di Kurt è perfetta, nella sua imperfezione. Il basso di Novoselic è accordato più o meno come la chitarra di Kurt, il violoncello risulta leggermente fuori tono. C’è tanto rumore di fondo e ciò conferisce a questo agglomerato di componenti che non dovrebbero coesistere un sound storto, per certi versi alieno e malvagio. La grandezza di Something in the Way sta nel fatto che tutto questo rispecchia perfettamente la trattazione del brano. Si parla di “qualcosa nella scatola”. Quel qualcosa è Kurt. Il brano risale all’epoca in cui Cobain lascia la scuola e viene cacciato di casa dalla madre. La leggenda narra che si riferisca nello specifico al periodo in cui visse sotto il ponte di Young Street ad Aberdeen, ma sia Krist Novoselic che Kim (la sorella) smentiscono questa versione. Il brano più grande ed emotivo di Nevermind.