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“Tenet” è il rompicapo definitivo Made in Nolan

Nei Caraibi, al tempo dei pirati, l’unica cosa che i mezzi mercantili pregavano notte e giorno di non vedere mai era il Jolly Roger, ossia la bandiera che i galeoni pirata issavano prima di dare inizio alla manovra di attacco e saccheggio. Con la stessa intensità molti critici cinematografici e – per motivi diametralmente opposti – anche i neofiti e gli appassionati di cinema, pregano affinché un nuovo prodotto di Christopher Nolan veda la luce. I secondi perché hanno modo così di prendere parte ad un percorso cinematografico che, volenti o nolenti, resterà negli annales della cinematografia, i primi per avere qualche tonnella di views sulle proprie recensioni al vetriolo. Eh sì, perché se Nolan divide, Tenet – ultima fatica del regista londinese – in quanto essenza più pura e concentrata della poetica di Nolan, divide all’ennesima potenza. Ma facciamo un po’ d’ordine.

Il quadrato magico del sator

Tenet è un virtuosismo che ruota attorno al tema dei palindromi. Il titolo stesso proviene da una iscrizione antichissima chiamata quadrato magico del sator che altro non è che la prima testimonianza storica di palindromo. Nel quadrato sono presenti cinque parole che costituiscono una frase palindroma, nello specifico “Sator Arepo Tenet Opera Rotas”. Queste parole sono tutte presenti all’interno del film ma per evitare di svelarvi parte della trama lasceremo che siate voi a scoprire la loro connessione.

Fotografia e colonna sonora

Il film è meritevole di essere fruito in sala sia che voi siate del team “amo Nolan” che del team “odio Nolan”. Questo anzitutto perché se c’è qualcosa che unisce praticamente tutti è il risultato incredibile ottenuto sia dal punto di vista visivo che dal punto di vista sonoro. Gli effetti speciali, che peraltro scomodano la CGI solo in poche centinaia di frame, sono incredibili, come anche la fotografia e la color. Anche al reparto sound design e soundtrack hanno fatto un lavoro eccellente: gli spari delle pistole invertite (che non approfondiamo per evitare lo spoiler) sembrano perforarti come anche i fendenti sonori di mr. Göransson che accompagnano le scene più adrenaliniche. Il compositore svedese aveva sulle spalle la più dura delle responsabilità, ossia sostituire Hans Zimmer, da anni partner in crime di Nolan, costretto tuttavia a rinunciare all’incarico per via dell’accordo preso con Villeneuve per la colonna sonora di Dune. Nel brano conclusivo, quello su cui scorrono i titoli di coda, questo sound dark, analogico e fatto di baseline e arpeggiator, si annoda alla perfezione con i vocalizzi stranianti e carichi di autotune di Travis Scott. Una collaborazione che da sola vale il prezzo del biglietto, specie se hai la fortuna di fruirla dalle poltroncine di un cinema di nuova generazione.

Il montaggio

Il punto più alto di Tenet è assolutamente il montaggio, ad opera di Jennifer Lame, che prende il posto dello storico montatore di Nolan, ossia Lee Smith. Tenet da questo punto di vista è una sfida che rischiava di essere persa in partenza perché il film, specie nella seconda metà, è costellato di perle di montaggio che giocano sull’assurdo e sul surrealista. Un taglia e cuci che manderebbe al manicomio anche il più solido dei montatori e in tal senso, non abbiamo notizie in merito ma immaginiamo che Jennifer si sia presa una pausa dopo l’estenuante lavoro. Se Inception infatti è un film che dopo la prima visione provoca un po’ di mal di testa e confusione, a confronto Tenet è un’opera di Escher.

Guida alla visione

In Tenet non mancano citazioni al mondo di Nolan, ai salti spazio-temporali, alle ellissi improvvise e inaspettate. Dall’inizio alla fine si ha la sensazione di vivere in un mix eterogeneo di stili che spaziano dal film d’azione al film di guerra, passando per il thriller distopico e psicologico. Ci sono tuttavia dei richiami al mondo cinematografico fantascientifico, in special modo alla trilogia di Matrix, da cui il regista prende il linguaggio cromatico. Ricordate il celebre “pillola rossa o pillola blu?”, vi torneranno utili per ambientarvi dentro l’universo di Tenet.

Personaggi e interpreti

La critica che spesso viene mossa nei confronti di Nolan riguarda la piattezza e la staticità comportamentale dei suoi personaggi. Questo garantisce alla mano autoriale di avere una assoluta libertà d’azione. Anche in Tenet tutto è mosso dai fili del burattinaio londinese. Il protagonista, che non ha un nome (che sia una citazione a Fight Club di Fincher?) è interpretato da John David Washington, il figlio di Denzel. Tra azioni incredibili, che possono essere apprezzate ancor di più nel behind the scenes, e scene più recitative, il giovane Washington porta a casa la sufficienza e mette a curriculum una commissione che potrebbe limare leggermente il distacco (ad oggi abissale) con Washington senior, che in casa ha in archivio due statuette dell’Academy. Anche Pattinson non scherza, anzi. Meno dose di gesti adrenalinici, ovviamente, ma profilo più drammatico del collega e nel complesso, personaggio più completo. Elizabeth Debicki è quasi l’unica rappresentante delle quote rosa di Tenet: non una interpretazione indimenticabile, ma pur sempre rispettabile e precisa nel suo ruolo di moglie del ricco e crudele Kenneth Branagh. Tranne Pattinson, non crediamo ci sia spazio per premi di pregio destinati al cast agli Oscar 2021. Questo comunque contribuisce a generare una bolla in cui la storia e la tecnica la fanno da padrone, che immaginiamo siano le esatte direttive del regista.

Quel che è certo è che una pellicola come questa non può passare inosservata e che, probabilmente, ci troviamo di fronte ad uno spartiacque: ci sarà un pre Tenet e un post Tenet nella storia del cinema contemporaneo, e questo basta già per convincervi a vederlo almeno un paio di volte, ma non basteranno.