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“Challengers”: il triangolo no, non l’avevo considerato

Luca Guadagnino con “Challengers” sgancia la sua pellicola più pop e glamour tra quelle girate finora, con una Zendaya in stato di grazia e una triangolazione che non arriva però al threesome

Challengers è in breve tempo diventato uno dei film più visti e chiacchierati della stagione. L’opera, realizzata su commissione, è sicuramente la più pop e glamour tra quelle girate finora da Luca Guadagnino: dal film, infatti, sembra essere nata una vera e propria tennis-wave, che si sta diffondendo soprattutto nel campo della moda. Alla popolarità del film ha senza dubbio contribuito la partecipazione Zendaya, protagonista e produttrice del progetto: un ruolo simile è stato svolto, nel corso della scorsa stagione cinematografica, da Emma Stone e da Margot Robbie, produttrici e dive centrali rispettivamente di Povere creature e di Barbie. In tutti e tre i casi la strategia si è rivelata vincente e, grazie alla popolarità delle dive presso il pubblico, registi provenienti da un cinema più di nicchia (Guadagnino, Lanthimos e Gerwig) sono riusciti a ottenere grandi incassi al botteghino. In ChallengersZendaya interpreta Tashi Duncan, ex enfant prodige del tennis la cui carriera è stata precocemente stroncata da un incidente.

Tashi si è dunque reinventata come allenatrice e manager del marito Art Donaldson (Mike Faist), star mondiale del tennis. Tra i due coniugi, legati da un rapporto di potere decisamente sbilanciato in favore della moglie, c’è l’ombra di Patrick Zweig (Josh O’Connor), ex migliore amico di Art con il quale Tashi ha avuto una burrascosa relazione. Patrick, Art e Tashi, che si erano incontrati quando avevano diciott’anni, si rivedranno inaspettatamente tredici anni dopo, quando la donna, per spronare il marito a riprendere la voglia di vincere battendo avversari molto inferiori, lo iscrive a una competizione minore: Patrick, dongiovanni cronico la cui carriera non è mai decollata, sta a sua volta partecipando a quel torneo. Challengers, a differenza di altre opere di Guadagnino, è un film che vanta una trama fitta e ricca di avvenimenti, incastrati in un modo che, nonostante i continui spostamenti temporali tra passato e presente, risulta sempre chiaro e fruibile. A coinvolgere lo spettatore nella narrazione contribuiscono i numerosi rimandi interni, che creano una sensazione di circolarità – il “destino” di Tashi, per esempio, è anticipato dal racconto relativo alla prima ragazza contesa dai due protagonisti maschili, la cui carriera era stata stroncata da un incidente.

È oltretutto interessante che lo sceneggiatore di Challengers, Justin Kuritzkes, è il marito di Celine Song, autrice di Past Lives: le due opere, per quanto differenti, hanno al centro un triangolo sentimentale. Challengers, sostenuto dalla splendida colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross, è un film veloce, abilissimo nel veicolare in modo coinvolgente e divertente i temi cardine di Guadagnino – l’amore e l’erotismo, il legame tra cibo e sensualità (evocato in diverse scene in chiave soprattutto omoerotica), il desiderio e l’ossessione verso il corpo altrui. L’intero film può essere interpretato come un grande coito interrotto: nella parte iniziale, infatti, assistiamo a una scena erotica a tre, che non si risolve però in un effettivo threesome. Nel corso del film si stabilisce un’equazione tra il rapporto sessuale e la partita di tennis: la sfida finale, giocata da Art e Patrick sotto lo sguardo di Tashi, risolve proprio quel coito a tre che aveva segnato l’inizio della conoscenza tra i personaggi. Ai tempi del primo incontro, in realtà, Art e Patrick erano già migliori amici da diversi anni: Tashi, durante l’interazione erotica a tre e di nuovo, tredici anni dopo, nel corso della partita conclusiva, ha il ruolo consapevole della demiurga – o della regista, vero e proprio alter ego di Guadagnino.

Il suo vero scopo, infatti, sembra essere quello di far esplodere l’attrazione che ha sempre legato i due ragazzi: dal momento che la tensione sessuale è il corrispettivo dell’intesa sportiva, la partita finale tra Art e Patrick risulta la perfetta conclusione del rapporto che Tashi ha sempre desiderato accendere. Grazie soprattutto alla splendida regia, alla scrittura brillante e all’ottima scelta del cast, Challengers si impone come il miglior film realizzato finora da Guadagnino, che si dimostra in grado di intercettare perfettamente il gusto contemporaneo. Tra i meriti della pellicola, è da inserire un uso molto interessante del product placement. Nel corso del film compaiono infatti numerosissimi loghi di brand e il film stesso, in diversi momenti, potrebbe sembrare uno spot dell’Adidas: Guadagnino, in questo modo, riesce a sottolineare con intelligenza la dimensione pubblicitaria del mondo sportivo contemporaneo.