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“Lupin” ci ha confermato che Omar Sy è adatto a qualsiasi ruolo

Appena ho sentito parlare della serie di Lupin, il primo e più forte rimando è stato quello al manga giapponese Lupin III. Quell’Arsenio, insieme alla sua fidata banda – ricorderete Goemon, Jigen e Fujiko (o Margot) – organizzava colpi funambolici provocando l’ira dell’ispettore Zenigata, il quale rimaneva il più delle volte con un pugno di mosche in mano, ma nella trasposizione di Louis Leterrier, Marcela Said e Ludovic Bernard, lo scenario cambia. Alla base ci sono sempre i racconti di Maurice Leblanc che hanno dato vita ad Arsenio Lupin, ovviamente, ma questa volta il ladro gentiluomo, abile nei travestimenti, sfuggente come e quanto Il Professore de La casa de papel, assume una forma inedita. Di fatto è proprio intorno all’eredità di questo libro che la serie, originale Neflix rilasciata da pochi giorni, gira. Diciamolo subito, aver scelto come protagonista Omar Sy ha scatenato non poche polemiche in merito ad un eccesso di politically correct. La mia opinione? Non sono critiche fondate. E basterebbe guardare la serie per capirlo. Assan Diop (Omar Sy) è un ragazzino di colore di origini senegalesi che con il padre, autista tuttofare di una facoltosa e potente famiglia, vive a Parigi. Un giorno, dalla biblioteca della famiglia per la quale lavora, il padre viene invitato a scegliere un libro da regalare a suo figlio: quel libro è chiaramente Arsenio Lupin.

La storia non è una trasposizione televisiva dei racconti, bensì il racconto di quanto il protagonista mette in atto ispirandosi al quel libro, per lui generazionale. Talmente generazionale da finire per regalarlo a sua volta al figlio. A questo punto la questione politically correct è definitivamente archiviata. Con il Louvre, la Tour Eiffel e la Sienne a far da sfondo, la trama è i fatti si snodano piacevolmente attorno all’oggetto del contendere, una collana. Il furto, per dovizia di particolari, è doppio; il primo vedeva come accusato (finito in prigione) il padre di Assan, il secondo eseguito da Assan durante un’asta al Louvre, in pieno stile Lupin, per vendicare il padre. C’è anche un ispettore che intuisce il meccanismo imitativo alla base del furto e che gioca agli anagrammi capendo tutto, ma nessuno gli dà credito. Il tutto però da vendetta personale vira verso un vero e proprio intrigo internazionale. Spostando, probabilmente un po’ troppo, il filo narrativo, si giunge infatti sulla spiaggia di Lupin a Le Havre per il colpo di scena finale che prelude a nuovi episodi. Va detto, Omar Sy è sempre bravo: ovunque lo metti sta bene e questa serie lo riconferma come uno dei volti più interessanti del cinema europeo. Interessanti anche le protagoniste femminili che gli ruotano attorno: Ludivine Sagnier (Claire, sua ex compagna) e Clotilde Hesme (Juliette Pellegrini). Un prodotto ben fatto che deve fare attenzione a non deviare troppo la narrazione per non perdere l’attenzione dello spettatore. Attendiamo la seconda stagione, ma non corrosi dall’ansia.