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Giaime is back!

In conversazione con Giaime per parlare dei due anni di silenzio, del nuovo singolo, degli esordi e dei cambiamenti del rap

Ritornare sulla scena dopo due anni di silenzio può non essere facile. Con o senza di noi, il mondo va avanti. Grazie ad una consapevolezza ritrovata, Giaime è tornato sulla scena, partendo per un nuovo viaggio artistico iniziato con Storia e che prosegue con Diamanti. Prodotta da Joe Vain sotto la direzione artistica di The Ceasars, il brano racconta una storia d’amore finita, dove il giudizio rimane sospeso, per poter raccontare gli aspetti positivi e restituire rispetto all’amore tra le due persone. L’abbiamo incontrato per parlare dei due anni di silenzio, del nuovo singolo, degli esordi e dei cambiamenti del rap. 

Come sono stati questi due anni di silenzio?
Difficili. Chiunque affronta momenti personali problematici durante la vita, che mi hanno impedito di esprimermi come meglio credevo con la mia musica. Ero bloccato a livello di scrittura, di stima nei confronti di me stesso e di conseguenza non riuscivo a realizzare qualcosa che mi rappresentasse davvero o che fosse all’altezza di quello che avevo già fatto. Mi sono preso una pausa, senza adagiarmi.

Per chi fa arte non riuscire ad esprimersi è complicato. Come sei riuscito a reincanalare il desiderio di scrivere e fare musica?
Credo sia stata una questione di tempo e metabolizzazione delle cose. Piano piano si è fatta rivedere la mia voglia di scrivere, anche grazie alle esperienze e le persone che ho incontro. Ho visto come i miei problemi influivano sulla mia vita sia personale che lavorativa e mi sono detto: “Voglio essere il Giaime di sempre, che si è sempre espresso, forte e più in confidenza con se stesso”.

Diamanti è il secondo singolo del tuo ritorno sulla scena. Non è un brano scritto di getto, ma lo hai metabolizzato nel tempo. C’era qualcosa che non ti convinceva?
In realtà mi convinceva tutto, ma non scrivevo da tantissimo tempo. Certo, mi è capitato di scrivere delle strofe per dei featuring, ma non l’ho mai fatto con troppa leggerezza, semplicemente perché sono bravo a farlo. Ad un certo punto ci siamo ritirati per una decina di giorni in una villetta in campagna e insieme a Joe Vain e i The Ceasars e ho iniziato a buttare un po’ fuori quello che sentivo. Il brano parla di una relazione finita e c’è voluto del tempo per scriverlo, perché ogni frase era un pianto, un casino. In Diamanti, che piaccia o no, si sente che c’è verità, che ho scritto quello che volevo per necessità.

Qual è stata la reazione dei fan dopo questo lungo periodo di silenzio?
Positiva, evidentemente negli anni ho seminato bene, perché la maggior parte dei fan è rimasta ad aspettare. Sicuramente avranno fatto anche altro nella vita (ride, ndr.), ma ci sono stati quando mi sono fatto rivedere. C’è stato qualcuno che non ha capito al cento per cento il nuovo viaggio, ma è ancora presto visto che sono usciti solo due singoli.

Per l’uscita di Mula, nel 2020, ti avevo chiesto se avessi nostalgia dei tuoi inizi. Dal 2011 è passato tanto tempo, ma soprattutto sono successe tantissime cose. Te lo richiedo anche oggi: com’è cambiato in questi dieci anni il rap?
Tutto cambia e non sono stato sorpreso o disturbato. Credo che in questo momento avere successo sia più “facile” rispetto a quando abbiamo iniziato noi. Non perché quelli di oggi non se lo meritano, ma perché la generazione dei Club Dogo, di Emis Killa e poi la nostra ha scalpellato il muro fino a fare un buco dove sono passati tutti. Non mi sto prendendo i meriti, perché senza i Dogo ed Emis non sarei mai andato da nessuna parte. Il rap è diventato popolare, portandosi con sé il bene e il male: scendere a più compromessi, fare magari più canzoni “stupide” che possano piacere a tutti, mischiarsi con il pop in modo diverso.

C’è un aspetto di quanto hai iniziato a fare musica che ti manca particolarmente?
La gavetta. Per arrivare a considerarti un goat adesso bastano cinque mesi e tutti si autoproclamano perché hanno i numeri e i soldi. Ma non funziona così, perché per essere un goat ti devi fare un po’ di anni nella scena, resistere ed essere indistruttibile. Un goat è Jake La Furia, Guè, non di certo io o quelli che sono arrivati dopo di me. Anche se hai tantissime certificazioni e numeri, ci vuole altro per sentirsi tale.

Stai lavorando ad un album?
Per la ripresa, essendo stato un processo lungo, ho deciso di concentrarmi nel fare un passo alla volta, costruendo i singoli. Appena sarò pronto a correre ci sarà sicuramente spazio anche per un progetto più ampio.