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Nahaze vuole prendersi tutto come Beatrix Kiddo

Nel nuovo brano Nahaze parla di relazioni tossiche, ma l’immaginario è vivido: tra katane insanguinate e tute giallo acceso

Un cimitero oscuro. Poi un tuffo nella terra. Siamo nel mondo di Quentin Tarantino – anzi no, di Nahaze. Nel nuovo brano Kiddo si parla di relazioni tossiche, ma l’immaginario è vivido: tra katane insanguinate e tute giallo acceso. Quando la incontro ho la sensazione che Kill Bill, che poi altro non è che la massima espressione del tarantinismo, la rappresenti in tutto e per tutto, perché lei è pop (come Quentin) ma di quel pop che non scade nel becero, ma che anzi genera cultura in chi ascolta perché i riferimenti ad altre arti sono un gancio utile a cercare di elevarsi dalla superficie. Ed è proprio di questa lotta tra superficiale e cervellotico, tra per tutti e per pochi che voglio parlare con lei.

Ogni qualvolta mi capita di intervistare un personaggio che, come te, ha l’obiettivo di parlare ad un pubblico mainstream ho una certa tentazione a porre la medesima domanda: cosa significa per te essere un’artista autentica?
Un artista autentico è spontaneo, genuino, così come si presenta. Io cerco di pensare al pubblico e ai miei ascoltatori come fossero dei miei amici con cui trascorro una serata (quando mi esibisco live) e a cui faccio ascoltare la mia musica, chiedendo loro un parere. Rimanere fedeli a se stessi può risultare complicato in questo ambiente ma io dico sempre di non riuscire a fare bene niente che non senta mio. Appena sento che qualcosa non mi appartiene, la rifiuto e non la porto avanti.

In definitiva: si può essere pienamente sè stessi anche in un ecosistema pop, fatto perlopiù di regole di business?
Scendere a compromessi con regole di mercato non significa necessariamente snaturarsi, al massimo smussare gli angoli, dipende molto da quali sono gli obiettivi. Il pop ed il pubblico stanno cambiando, e richiedono sempre più genuinità dagli artisti. Molti artisti che provengono dal rap, scrivono ancora quello che sentono, usano ancora la loro metrica, semplicemente in chiave più “popolare” e quindi catchy, melodica e che arrivi a tutti, come ad esempio Lazza che arriva da uno scenario trap/rap ma che comunque a Sanremo con Cenere è riuscito a rimanere fedele a se stesso e a trasmettere la sua autenticità in un brano pop.

Qual è il ruolo della musica nel tuo processo di auto-esplorazione e crescita personale?
La musica accompagna la mia crescita personale e viceversa. Camminano di pari passo. La musica è uno degli strumenti più belli per conoscere il mondo intorno e dentro di me, perché spesso racconta a me, e di me, più di quanto possano farlo le parole.

Il tuo ultimo videoclip è un tributo fortissimo al Kill Bill di Tarantino. Ti ricordi la prima volta che hai visto questo film?
La prima volta che ho visto questo film ero in secondo liceo, avrò avuto quindici o sedici anni. Ero a casa, l’ho visto da sola. Mi è subito rimasto impresso.

È un film che hai amato fin da subito oppure è stato necessario qualche rewatch?
È stato un amore a prima vista ma è stato necessario un rewatch per leggerlo nella chiave che mi ha portato a scrivere Kiddo. La prima volta che l’ho visto ho dato più attenzione ad altro che all’introspezione psicologica dei personaggi, ed alla trama in sé.

Kill Bill tra l’altro è uno dei più iconici prodotti cinematografici degli anni Duemila perché è in grado di connettere Oriente ed Occidente. Anche tu sei appassionata dell’immaginario orientale?
Sono una grande appassionata di quell’immaginario. Guardo tanta animazione giapponese e sogno di andare in Giappone per conoscere quella cultura che mi affascina tanto. È stato bello riuscire a portare una mia passione nell’immaginario della musica che faccio.

Kill Bill come tanti film di Tarantino è diviso in capitoli. Tu a che capitolo della tua storia (umana e musicale) sei?
Sinceramente mi sento all’inizio del capitolo due con questo pezzo. Kiddo ha dato inizio ad un nuovo momento, una nuova parte della mia vita. Sento la differenza tra Kiddo e gli ultimi pezzi usciti, quando mi ascolto sento un’artista più consapevole e sicura di sé.

Oltre a questo capolavoro di Tarantino, citi spesso il cinema nei tuoi brani (dal Taxi Driver di Scorsese a Leon). Se la tua musica fosse la colonna sonora di un film, che genere di pellicola sarebbe, e da chi sarebbe diretta?
Credo che la mia musica rispecchi a volte un thriller, altre un film d’azione.
Percepisco tutti i miei brani come dei film che lasciano sensazioni diverse e che rimandano ad ambientazioni dissimili tra loro. Nel caso di Kiddo, sarebbe la colonna sonora di Kill Bill, nel caso di altri miei due brani, Freak e Control hanno fatto realmente parte di una colonna sonora, quella della serie Baby 3 di Netflix diretta da Andrea De Sica e Behind all’interno della soundtrack della serie Netflix Zero.

Quale è la lezione più preziosa che hai imparato nel tuo percorso musicale e come pensi che abbia influenzato la tua percezione della vita e dell’arte?
Credo che la lezione più preziosa che ho imparato sia quella di credere sempre in ciò che si fa, anche quando altri non lo fanno.