Come distinguiamo amor proprio ed egoismo? Se ci amiamo, rispettiamo i nostri bisogni e ascoltiamo quelli che sono i nostri desideri di crescita personale siamo egoisti? Probabilmente è solo quando smettiamo di vederci come “sbagliati” e iniziamo ad accettare che sì, crescere passa anche per scelte che riguardano solo il nostro benessere personale, iniziamo a capire cos’è davvero l’amor proprio. Un processo lungo, difficile, che ci mette di fronte a diverse sfide e, soprattutto, a fare i conti con la nostra vulnerabilità. Un percorso che ci richiede di provare a guardare per una volta la nostra vita con un occhio esterno, come se fossimo spettatori della trama complessa ricamata dalla nostra esistenza, per provare a vedere il quadro completo. È quello che, come ci ha raccontato durante la nostra intervista, ha fatto anche Frah Quintale in Amor Proprio, il suo nuovo album. Un disco ricco di riflessioni personali in equilibrio tra pop e urban, tra il ritrovarsi e il vivere il presente, senza paura del passato e del futuro. Un progetto che vive “nel mezzo”, in un “qui e ora” che è poi l’unico momento in cui abbiamo davvero la possibilità di ascoltarci, perché non abbiamo più potere sul passato o le capacità per manipolare a nostro piacimento il futuro.
In 1 ora d’aria 1 ora d’ansia, con Tony Boy, emerge un dialogo generazionale che riflette sul modo in cui i giovani di oggi affrontano il dolore rispetto a chi è cresciuto in anni diversi. Gli chiedo in che modo le nuove generazioni affrontano il dolore in modo diverso rispetto alla nostra. «Dipende dall’educazione e dai valori», mi risponde. «Noi forse abbiamo avuto meno educazione e un po’ più di tabù, mentre adesso c’è più consapevolezza. Allo stesso tempo però mancano i mezzi per riuscire ad affrontare i problemi e si finisce per farlo in modo superficiale. Nelle generazioni successive alla mia vedo che c’è l’abitudine a volere tutto subito, invece noi non abbiamo avuto i mezzi che oggi hanno i ragazzi più giovani, ma abbiamo avuto la pazienza di andare più a fondo nelle cose». La copertina del disco mostra una cassetta piena di attrezzi, simbolo del lavoro interiore e creativo che ha accompagnato l’artista durante la scrittura. «La determinazione e l’imparare a guardare dall’alto quello che stavo facendo sono stati gli strumenti che ho trovato. Soprattutto negli album precedenti ho sempre lavorato traccia dopo traccia, per poi mettere tutto insieme alla fine. In questo disco invece mi sono distaccato e ho guardato il quadro generale, un po’ come quando dipingi e ti allontani per osservare l’opera completa».
«In Amor Proprio si vede che mi sono “allontanato” più volte, anche perché la produzione è durata quattro anni: mi sono preso il mio tempo e in mezzo c’è stato anche un disco con Coez e altre cose. Alcuni pezzi hanno avuto il tempo di sedimentare e, quando li ho ripresi in mano, li ho visti a mente fredda, capendo dove dovevano andare». Ad un certo punto del disco, in 1 ora d’aria 1 ora d’ansia, Frah Quintale canta: “Io ho paura di restare nel dubbio/Ho deciso che alla fine è meglio giocarsi tutto/Ma se potessi prevedere il futuro/Sarei ancora più convinto del mio prossimo tuffo”. Gli chiedo se ci crede davvero. D’altronde è particolare, perché la vita è imprevedibile, quindi tutta la prevedibilità a lungo andare andrebbe a “intaccarti” in qualche modo. «Non abbiamo la sfera di cristallo, ma sapersi ascoltare e saper essere in grado di aprirsi fa sì che le cose che devono succedere vadano come pensi effettivamente. Almeno, a me capita così, è come un sesto senso. Magari domani va tutto male e mi sbagliavo, ma se sento qualcosa so che visualizzarla, sapere che posso andare a prenderla e posso farla succedere mi fa già stare un passo avanti. Spesso, invece, per paura che le cose vadano male, rimaniamo fermi».