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Nel 2015 è uscito un film molto intrigante che si chiama Premonitions. Nel cast c’è Colin FarrellAbbie Cornish Anthony Hopkins, in questi giorni nuovamente fresco di Oscar. Il personaggio interpretato da quest’ultimo è un ex collaboratore dell’FBI, ormai in pensione, con delle doti eccezionali di preveggenza. Non credo che Mirko, (per i non amici Rkomi) abbia questo dono, ma durante tutta la nostra chiacchierata in pausa pranzo mi ha dato l’impressione di vivere proiettato nel futuro. Parliamo del disco e lui mi dice che è un ponte che conduce al suo prossimo lavoro, parliamo di musica in generale o dei nostri ascolti e lui mi dice che quel che sta ascoltando da mesi sta già influenzando della musica che verrà. Insomma mi ha ricordato subito John Clancy (Anthony Hopkins). Mirko probabilmente si sente più Robert De Niro, al volante del suo taxi – che in American English è più comunemente chiamato cab – tra i quartieri della New York del Settantacinque. Non so cosa mi aspetti, ma quando chiamo al telefono Rkomi, non posso far altro che salire sul suo mezzo giallo e lasciare che sia lui a guidarmi tra le luci e le ombre, io peraltro non ne sarei capace. Tanto vale non pensarci, spero solo di non sentirmi urlare «You talkin’ to Me?».

Taxi Driver è uno dei dischi più eterogenei che abbia mai ascoltato, quantomeno nell’ultimo periodo. Questa varietà di stili e generi da cosa nasce?
La mia parola d’ordine è da sempre “sorpresa”. Non voglio abituare il mio pubblico a qualcosa. Amo quella dose di rischio, quell’adrenalina, e il concept del disco consiste proprio nel viaggio e nella condivisione. Mi piace molto questo tema del portare ospiti e idee attraverso un viaggio.

Frequentavi già gli artisti coinvolti nei featuring oppure li hai conosciuti “lungo la strada”, come avviene in una tratta del Taxi?
Non conoscevo quasi nessuno. Questa cosa credo sia stata un valore aggiunto perché c’è stata naturalezza e scambio reciproco. Ovviamente Sfera ed Ernia sono due fratelli per me e dunque con loro è stato tutto più facile, ma credo di aver coinvolto alcune tra le personalità artistiche più interessanti in Italia. Anche umanamente si sono creati dei rapporti molto belli e questo è un altro vantaggio di fare il mio mestiere.

Anche il successo è un vantaggio?
Personalmente soffro molto i risvolti del successo.

E invece a livello tecnico e pratico è stato difficile scrivere un disco pieno di feat durante una pandemia?
Siamo riusciti ad incontrarci in studio con praticamente tutti. Anche per quanto riguarda i musicisti, ci tenevo a lavorare a stretto contatto perché ho questa fissazione per la musica suonata. Come avrai sentito infatti il disco è quasi completamente analogico. In passato lavoravo diversamente ma credo che questo sia un upgrade.

Anch’io ho sentito un grande switch dal passato. Questo cambiamento artistico rispecchia anche un cambiamento umano?
Sì, è esattamente così. Il mio cambiamento è stato anzitutto umano, e di riflesso musicale. Questa fase della mia vita è molto rock e lo puoi notare dalla scelta di inserire assoli di chitarra nel disco anche se credo che il risultato dei miei ascolti si vedrà maggiormente nei miei prossimi lavori.

Cosa stai ascoltando?
Parto da lontano: sto facendo da tre mesi un corso di pianoforte che durerà per tutta la mia vita. Questo fatto, ma in generale stare a contatto con i musicisti, mi ha portato ad amare la musica suonata ad un certo livello. Malgrado questo il mio maestro continua a dirmi che dopo anni non ha ancora capito molto del pianoforte. Questa cosa mi affascina. Ad ogni modo sto ascoltando moltissimo i Black Sabbath, i Tool ma anche Eddie Vedder e Chris Cornell, sia nei loro rispettivi progetti più famosi (Pearl Jam e Soundgarden ndr.) che nel progetto a cui lavoravano assieme (Temple of the Dog ndr.). Ascolto anche molto Ed Sheeran, Neil Young, John Mayer e tutti i cantautori italiani. Loro sono in grado di parlare in modo semplice di cose profonde e complesse. Insomma: non sono uno di quelli che si preclude qualcosa.

Quindi il tuo prossimo disco sarà più rock?
Molto probabile (ride ndr.).

Hai mai avuto paura di deludere i tuoi vecchi fan che ti riconoscevano come rapper?
Ho avuto paura di tante cose per tutta la mia vita ma mai del cambiamento. Sono consapevole che a molti non sarà piaciuta la mia virata su altre sonorità ma c’è tanta altra gente che mi ha conosciuto grazie a questo cambio di rotta. Molti se ne vanno, molti arrivano. Non fraintendermi ma se devo essere sincero sono felice che qualcuno si allontani perché credo che il mio prodotto musicale sia più maturo e quindi è naturale che attragga profili più adulti. Chi si allontana avrà modo di fare il suo percorso e stabilire nuovamente un contatto più avanti, quando si sentirà più rappresentato dai miei messaggi.

Immagino che Taxi Driver di Scorsese sia uno dei tuoi film preferiti.
Sono sempre stato un fan del cinema ma in particolare durante l’ultimo anno e mezzo mi sono scoperto un profondo appassionato del cinema più datato. L’alienazione mi fa molto gioco come tematica ma non ti nascondo che ci sono dei punti di contatto tra me e Travis Bickle (protagonista di Taxi Driver ndr.). C’è ovviamente una differenza tra il “mio Vietnam” e il suo.

Qual è il tuo Vietnam?
Il quartiere da cui vengo, le persone che ho conosciuto e a cui sarò legato per sempre. Però, come per il personaggio del film, il passato può essere anche pericoloso. C’è poi tutta la simbologia del veicolo che mi porta in luoghi nuovi. E infine la donna, che è centrale in entrambi i Taxi Driver, il mio e il suo, anche se le scelte del protagonista in quel caso non mi rispecchiano troppo.

Mentre ascoltavo il disco pensavo che ogni brano al suo interno è una potenziale hit radiofonica, quanta libertà e quanta legge di mercato c’è in questo disco?
Libertà assoluta. Il pop non è un genere, non credi? Quindi a prescindere dalla forma del progetto, sono certo che farlo bene significhi poter arrivare a più persone. Chi ti dice che non ambisce a questo temo si stia nascondendo dietro una profonda insicurezza rispetto al suo prodotto artistico.

10 ragazze con Ernia è un tributo a Battisti mentre nel brano Nuovo range con Sfera Ebbasta c’è una citazione a Non succederà più di Claudia Mori e Adriano Celentano. Mi sembrava già evidente che Rkomi fosse onnivoro musicalmente, ma questa nostra chiacchierata me ne ha dato la conferma definitiva. Ti ha stupito la citazione di Sfera?
Tantissimo, veramente. Lui è un professionista incredibile ma ha degli ascolti molto lontani da Celentano. Quando l’ho ascoltata e ho sentito quel passaggio sono rimasto a bocca aperta.

Parlami un po’ di lui.
Sfera
è un grande amico. Siamo andati insieme a Los Angeles e, malgrado ognuno avesse i suoi giri da fare, alla fine dei 14 giorni almeno la metà li abbiamo passati insieme. Volevamo fare qualcosa sullo stile di un artista che fa trap in un molto particolare. Non so se lo conosci, si chiama Iann Dior.

Certo, sì. Capisco in quel momento da dove arrivi quel pezzo così marcatamente di ispirazione punk. Ho la sensazione che tu stia tentando di scrivere musica che resti.
Non dico che il mio progetto sia perfetto. Anzi, posso dire con certezza che non lo è. Non dico nemmeno che il mio approccio sia quello giusto, non so se pagherà alla lunga anche se ovviamente me lo auguro. Spero che nulla di ciò che sto facendo sia definitivo perché altrimenti finisce il processo di perfezionamento. Ciò su cui ho puntato è un sound non di plastica e spero che nel mio piccolo possa contribuire a creare e valorizzare musica di un certo spessore che si discosta da un certo tipo di sound poco profondo e tutt’altro che sofisticato. Quindi tornando alla tua domanda: sì, voglio provare a fare musica il più longeva possibile.

Nell’intro del disco dici «io ho sempre sentito il bisogno di avere uno scopo”. Qual è il tuo scopo oggi? Qual è il motivo profondo per cui scrivi canzoni?
Conoscermi attraverso le altre persone. Da solo non funzionerebbe. Io mi dò in tutto quel che faccio e cerco di contaminarmi il più possibile. Mi nutro di punti di vista altrui e di confronti. Sono un estimatore dei diversi caratteri degli esseri umani e credo sia questo il mio scopo.


Foto di Tarfu Studio
Digital Cover di Jadeite Studio
Coordinamento redazione: Emanuele Camilli
Ufficio stampa Rkomi: Rossana Moro