Presentato in concorso alla 77esima edizione del Festival di Cannes, The Shrouds – Segreti sepolti è l’ultimo film di David Cronenberg, di nuovo nelle sale a due anni di distanza dall’auto-remake Crimes of the Future. Traendo ispirazione dal capolavoro hitchcockiano La donna che visse due volte, Cronenberg costruisce una trama vorticosa e ambigua, in cui il body horror si mischia al thriller, alla fantascienza e al noir classico. Il protagonista del film (Karsh, interpretato da un Vincent Cassel in stato di grazia) è un ricchissimo imprenditore ossessionato dalla recente perdita della moglie. Per convivere con il lutto, Karsh ha prodotto una costosissima tecnologia funeraria che consente, tramite l’applicazione di particolari sudari (traduzione italiana di “shrouds”), di vedere “in diretta” la decomposizione del corpo della persona amata. Morbosa e spiazzante, tale tecnologia è in realtà coerente con la concezione che una persona atea può avere dell’aldilà: impossibilitato – come lo stesso Cronenberg – a credere a una vita dopo la morte, Karsh non può che aggrapparsi al corpo dell’amata, non più vivo ma ancora esistente.
Mosso dal tentativo di elaborare il lutto della moglie Carolyn Zeifman, morta nel 2017, Cronenberg porta alle estreme conseguenze la propria ricerca teorica, che ha sempre avuto al centro il corpo e i risvolti orrorifici delle sue mutazioni. Nel nuovo millennio, la contaminazione tra umano e artificiale si sposta nel virtuale, coinvolgendo i nuovi scenari aperti dall’ingresso delle AI nella quotidianità. La chimera transumanista del mind uploading, ovvero lo spostamento del cervello umano nell’etere, è al centro di San Junipero – celebre episodio di Black Mirror, serie che trova proprio in Cronenberg una forte ispirazione – ed è ormai un topos ricorrente della fantascienza contemporanea. The Shrouds raccoglie queste suggestioni e presenta il virtuale come dimensione ormai inscindibile da quella materiale. Prerogativa del corpo organico rimane il sesso, e l’ossessione di Karsh nasce proprio dall’impossibilità di ricongiungersi al corpo della moglie. In The Shrouds, le tematiche relative ai progressi della dimensione virtuale sono rappresentate nel modo più evidente dal personaggio di Hunny, assistente-avatar che Karsh ha voluto modellare sulle fattezze della moglie defunta. Il virtuale si configura come uno spazio non materiale ma comunque abitabile, che gli esseri umani hanno creato e nel quale si muovono privi di corpo, solo con la mente.

Il virtuale si lega quindi sia al mondo onirico, sia al cosiddetto “aldilà”, ovvero le due dimensioni che storicamente la mente umana concepisce al di fuori del proprio corpo: da una parte tutto ciò che riguarda il sogno, dall’altra tutto ciò che riguarda la vita dopo la morte. Il virtuale diventa quindi la materializzazione di questi spazi puramente mentali, che l’essere umano immagina da millenni. Nel cinema di Cronenberg, la tecnologia non è un agente ma uno strumento, con cui l’uomo interagisce per dare sfogo a ossessioni che trovano la propria radice nell’uomo stesso – se una tecnologia è portatrice di orrore, insomma, non bisogna cercare la causa dell’orrore nello strumento tecnologico, ma nell’uomo che utilizza la tecnologia in questione. Il sudario inventato da Karsh è l’ultima tappa di una serie di tradizioni mortuarie che le civiltà antiche, come gli Egizi, tenevano in particolare considerazione. I rituali funebri, ovvero le pratiche che gli umani hanno adottato per illudersi di sopravvivere alla morte, sono tra i più antichi costumi del genere umano: nonostante le tecnologie di cui disponiamo siano sempre più evolute, Cronenberg sembra volerci dire che, in fondo, siamo sempre gli stessi.