Ci sono storie d’amore che esplodono e altre che nascono nel silenzio, coltivate giorno dopo giorno da chi vive le prime volte e poi una quotidianità che non diventa routine, ma continua condivisione. Ascoltando Colombre e Maria Antonietta durante la mia chiacchierata con loro è stato un po’ come prendere realmente parte a questo continuo scambio che dura ormai da tantissimi anni. Dalla loro storia, e da tutto quello che coesiste all’interno di una relazione, è nato il loro primo album insieme, Luna di miele. Un titolo che è insieme ironico e profondamente sincero, perché questo viaggio, musicale e personale, è sorprendente e autentico. Dieci tracce che compongono una sorta di piccolo romanzo, che potrebbero raccontare una giornata, dal mattino alla sera, fatta di complicità, sogni, disincanti e onde che non si lasciano mai catturare. Con Colombre e Maria Antonietta, partendo dall’esperienza parigina per il festival di Bomba Dischi, abbiamo parlato del loro primo album, ma anche di cambiamenti e libertà.
Com’è andata a Parigi?
Maria Antonietta: Molto bene, il festival è bellissimo, come la città. Siamo affezionati a Parigi, ci torniamo volentieri e nell’ultimo periodo ci siamo messi a scrivere anche alcune canzoni con degli artisti francesi. In generale c’è un feeling e una sensibilità con cui ci sentiamo molto a nostro agio. Abbiamo suonato al festival e il giorno dopo abbiamo presentato l’album in un negozio di dischi, Balades Sonores, ritrovandoci in un contesto “esotico”, di fronte a tanti italiani ma anche francesi, che sono curiosi, ricettivi e alcuni hanno anche comprato il vinile.
Colombre: Il festival di Bomba Dischi è stato pazzesco. C’era tantissima gente e pur essendo il locale molto grande era anche molto intimo, con il palco basso e le persone vicinissime. Ha creato un senso di comunità molto forte.
Un paio di anni fa sono stata in un locale a Parigi per un serata di emergenti e capisco benissimo quello che dici. È apprezzabile quando si riesce a organizzare un live in un contesto in cui si “rompono” un po’ le barriere tra artisti e pubblico.
Colombre: C’è uno scambio che alla fine è, per me, il vero senso di un concerto. Sono sempre stato fan dei live dove incontri gli artisti in posti piccoli e quindi li riesci a vedere quasi negli occhi.
Visto che capitate spesso a Parigi, c’è un posto della città che per voi è rappresentativo?
Colombre: Letizia mi ha sempre trascinato al Marais (ride, ndr). Andiamo nei negozietti dell’usato, dove si trova sempre qualche pezzo interessante spulciando un po’.
Avete raccontato che alcune delle canzoni di Luna di miele arrivano da un hard disk che avete ritrovato e che avevate scritto un bel po’ di tempo fa per conoscermi. Come individui singoli cambiamo continuamente, ma anche quando si è in coppia non si è statici. Come vi siete riapprocciati a questi brani dopo così tanto tempo?
Colombre: Erano delle bozze e alcuni elementi, quasi magici, appartenevano a quel momento ma sono rimasti. Al di fuori della parte più tecnica, il senso di fondo è che quando le abbiamo risentite ci siamo riconosciuti in quello che eravamo, per quanto sia passato del tempo.
Maria Antonietta: C’era anche più di noi stessi. Quando scrivi qualcosa senza velleità e obiettivi, semplicemente per scrivere e suonare in totale libertà in un incontro con l’altro che non conosci in quel momento, c’è un’energia particolare che ti permette di essere te stesso al cento per cento, senza censure. C’era una libertà in quelle canzoni che continua ad appartenerci. Ascoltare quelle canzoni è stato un reminder per dire “tu sei questa cosa qui”, quindi diamo gas a questo tipo di libertà perché è ciò che ci contraddistingue e ci fa andare avanti.

Luna di miele mi ha dato l’idea, ascoltandolo, di un progetto omogeneo, quasi una sorta di racconto di coppia che può andare dal mattino alla sera. L’avevate immaginato così, come una sorta di piccolo romanzo?
Maria Antonietta: Bello che l’hai paragonato alla giornata. È una lettura giusta.
Colombre: Volevamo essere spontanei, con dei brani che potessero rappresentarci. Ci piaceva l’idea di raccontare la vita di mezzo di questi anni e non tanto il nascere di un amore, le prime volte o la fine, ma mettere insieme i sentimenti che hanno percorso le nostre vite in questi anni insieme, con momenti di gioia, scazzo, consapevolezza e gioco. Certe cose nei dischi le scopri solamente facendole. Io non riesco a partire con una cosa precisa, perché alla fine sono le canzoni che ti raccontano dove vuoi andare. Abbiamo capito che il titolo, molto ironico, ci rappresenta perché è come se fossimo in luna di miele da sempre, essendo un viaggio. Quindi, quale titolo migliore per questo viaggio che tra di noi dura da un po’.
Maria Antonietta: L’omogeneità che ci leggi discende dal fatto che c’è poca fiction nel disco, avevamo molto materiale da cui attingere (ride ndr.). Per forza di cose le canzoni dialogano tra loro e sono compatte.
Colombre: Ci sono dentro tanti mondi sonori diversi. C’è tutta la musica che abbiamo amato e continuiamo ad amare, dal reggae al punk e al pop, e ci piaceva l’idea di giocarci in maniera spontanea, senza paletti. Abbiamo fatto un disco che ci piace e che racchiude le influenze di questi anni e mi fa piacere che per quanto ci siano stili diversi sia tutto legato dalle voci, su cui abbiamo fatto un lavoro denso, e dal racconto.
In Signorina buonasera dite “Le cose che abbiamo in comune ci fregano sempre/E ci piacciono le onde/Non ci piace la corrente/Io capito solo adesso, finalmente”. Mi ha dato l’idea di un racconto di una coppia che non vuole rimanere statica, adagiandosi alle abitudini e alla quotidianità. Spesso quello che ci fa stare bene è l’imprevedibilità, anche nelle relazioni. E tutto questo ritorna anche in Chantilly.
Maria Antonietta: Per noi è una frase importante, diciamo programmatica. Le onde raccontano il riuscire a cambiare sempre, la capacità di stare dentro alle cose senza immobilizzarsi e chiudersi, anche nelle proprie ideologie. Raccontano anche tutta una serie di slanci, entusiasmi e sogni, perché non le puoi catturare. Una delle ragioni per cui quasi da subito, personalmente, ho capito che poteva essere un match era il fatto che entrambi avevamo in comune questa cosa. Questo ovviamente ti accomuna, ti fa riconoscere, e allo stesso tempo ti frega sempre, perché sognare è bello, ma non è sempre un grande idillio. Sicuramente se una persona non cambia più, anche con il partner, è finita. Quando finisci di immaginare il futuro, che non è che una lunga serie di sorprese, muori un po’ e lo fai anche insieme all’altro. A volte però è una comodità, ed è per questo che ci si finisce dentro a volte.
Maria Antonietta, in Gelato con la panna dici: “Io voglio solo essere libera/Per quanto male fa”. Come donne ci sembra di avere sempre la libertà a portata di mano, ma forse spesso è più un’illusione. Com’è stato per te esternare questo desiderio di libertà?
Maria Antonietta: La libertà, in generale, tendi sempre a immaginarla come una cosa che hai o non hai. Secondo me è un esercizio. Bisogna esercitarsi per essere liberi, perché te la costruisci ed è faticoso, perché sbagli e chi ha voglia di esercitarsi tutto il tempo. Invece è utile, perché la libertà è un processo. Per le donne, ma non solo, c’è questo sentimento di estrema libertà, ma se guardi nella quotidianità spesso è più qualcosa che ci raccontiamo che un dato di fatto. Per me questo disco è stato un grande spazio di libertà, in cui mi sono concessa di essere più me stessa che nei miei dischi.
Spiegami meglio.
Maria Antonietta: Ti sembrerà paradossale, ma credo che quando riesci a condividere con qualcuno, che diventa la tua spalla e il suo complice, ti sprona a non arenarti e a osare. Diventa il contraddittorio che tira fuori la parte migliore e le risorse che da sola non avresti tirato fuori. Questo per tornare a dire che la libertà è un esercizio, ma anche una grande questione di empatia e solidarietà, perché è un fatto collettivo. Essere liberi da soli va benissimo, ma insieme agli altri e grazie a loro ti fa diventare ancora più libero.
Colombre: Per me è stato riuscire a essere diverso da quello che ho fatto vedere nei miei dischi, mostrando un lato più ironico. Sono molto timido, quindi non è semplice. Mi sono presentato più ironico e leggero, ponendomi meno problemi. Questo album mi ha fatto percepire nella timidezza una libertà di poter fare qualcosa che non avevo mai fatto.