Search Menu
Search

La sicurezza di Taylor Swift è anche la sua condanna

Chi si aspettava con “The Life Of A Showgirl” un concept album, alla stregua di un “Reputation”, si troverà il solito album “alla Taylor Swift”: prodotto bene, scritto bene, ma senza alcun spunto di novità

Nell’era dello storytelling che arriva prima del contenuto, una persona come Taylor Swift ci sguazza alla grande. Vivo sin dai tempi di Fearless la sensazione che lei si sia pianificata l’intera carriera professionale e la vita privata da quel momento in avanti. Certo, non fino al punto di prevedere la chiusura del cerchio di You Belong With Me con l’imminente matrimonio con Travis Kelce. Qui siamo a un livello di narrazione che nemmeno un Vince McMahon ai tempi d’oro della WWE sarebbe stato in grado di costruire. The Life Of A Showgirl, il dodicesimo lavoro della nativa della Pennsylvania trapiantata a Nashville, segue la direzione intrapresa da Lover in avanti (considerando Folklore ed Evermore come dei side project). Non aggiunge nulla di nuovo, offre poco di memorabile: è quanto può uscire dalla penna di un’artista che si trova intrappolata in una formula che è stata la sua rampa di lancio ma che ora la imbriglia come una camicia di forza. Dai testi non emerge più la Taylor Swift in bilico tra forza e insicurezza (anche se questa anima riaffiora in Ruin The Friendship), ma una donna di successo, pienamente consapevole di sé.

The Life Of A Showgirl racconta la sua vita in modo più luminoso rispetto al passato (The Fate Of OpheliaOpalite e la title track), come se la nuova relazione le avesse permesso di superare la fine di quella con Joe Alwyn, durata cinque anni. Al tempo stesso, capisce che non è più il momento di vivere di ricordi o di una perenne vita da ventiduenne – eccezion fatta per la già citata Ruin The Friendship – e che è tempo di accettare che gli “anta” si avvicinano. Se Wi$h Li$t è una sorta di elenco delle cose che vorrebbe fare da grande, Wood tocca punte di imbarazzo nel raccontare in modo tutt’altro che velato le qualità anatomiche del futuro marito. La maggiore sicurezza le permette anche di affrontare con forza alcuni fantasmi del passato, come nel brano Father Figure, in cui punta il dito contro Scott Borchetta, proprietario della sua prima etichetta Big Machine, e in Cancelled!, dove riprende il diss pluriennale con Kanye West, già accennato in pezzi come Back To December e Look What You Made Me Do. Questa forza, però, scivola su una buccia di banana clamorosa con Actually Romantic, diss diretto alla svolta Brat di Charli XCX, un brano che potrebbe perfino avere risvolti legali. Ciò che fa emergere The Life Of A Showgirl – scritto tra una pausa e l’altra dell’Eras Tour – è soprattutto il lavoro di Max Martin, produttore svedese che, per l’impatto avuto sulla musica contemporanea, merita un riconoscimento pari a quello dei Beatles, insieme a Shellback, suo erede in pectore. In questo disco, la produzione e il supporto nella scrittura elevano un lavoro altrimenti trascurabile a una piccola gemma contemporanea.

Certo, ci sono alcuni evidenti “scippi”, di cui circolano molti reel su Instagram (il mio preferito è Actually Romantic, che riprende il riff di Where Is My Mind? dei Pixies), ma ricordiamoci anche di Elizabeth Taylor, un brano che entra in testa al primo ascolto e che ricorderemo per anni. The Life Of A Showgirl è un disco frettoloso, scritto e pubblicato per ragioni riconducibili al fatto che Taylor Swift è una workaholic e che, dopo l’altissimo livello dell’Eras Tour, occorreva mantenere alta l’asticella per non deludere le aspettative. Con tutti i pro e i contro, è un album sicuramente migliore degli ultimi due e che se la gioca ad armi pari con Lover. Peccato che, in mezzo, ci siano gli elefanti nella stanza chiamati Folklore ed Evermore, che ci hanno mostrato la Swift migliore dai tempi di 1989 in avanti. E, visto che gli “anta” sono ormai dietro l’angolo, sarebbe interessante vederla proseguire lungo il percorso iniziato con quelle due parentesi: una seconda parte di carriera diversa, ma più intrigante.